Il ruolo del femmineo nella capacità di generare il cambiamento, creativo, evolutivo, sociale.

In scena due danzatrici, primi o ultimi esseri umani sulla Terra, che compiono un viaggio, un ciclo vitale, un’era geologica. Lasciano il brodo primordiale, i due Liocorni, questa volta in grado evolversi, adattarsi, sopravvivere, fallire e raccogliersi, infine designare la fine di uno dei viaggi possibili. La pièce si apre con un cerimoniale sacro, antico di attraversamento del proprio dualismo luce/ombra, un rituale onirico, selvaggio, primitivo, che onora la natura del femminile, auspica al superamento del limite, distingue e confonde i corpi, inneggia al potere personale, infine incarna il tentativo di riappropriarsi dell’archetipo del guerriero, impavido, maschile, pronto ad affrontare l’azione, la lotta, qualsiasi essa sia, la dichiarazione d’intenti, la conquista del proprio posto nel mondo. L’esperienza rivela la necessità di riconnettersi, di risolvere almeno temporaneamente l’alterità, la competizione biologica, verso l’obiettivo comune, il solo e unico scopo; e la risoluzione porta con sé inevitabilmente una piccola morte, la cessazione del vento e del rumore di fondo, che è semplice, immediato, quasi ironico, totalizzante.

La sottile linea di passaggio tra l’atto sacrale e la lotta, che le danzatrici devono intercettare e contattare è l’intimità, l’amore, la sorellanza, la femminilità, l’incontro, la cura, la dichiarazione, la linea oltre la quale c’è l’altro, ci siamo noi, la vulnerabilità.
Atto di affermazione, oltre il quale si è forti abbastanza da saltare.

“Non verremo alla meta ad uno ad uno, ma a due a due” (J. Prevert)

La meta finale, è sempre irrilevante rispetto al cammino per arrivarci, anche se quello che accade dopo è più importante: la performance è finita e comincia la vita, modificata dall’itinerario che è stato percorso.

crediti e info

Regia e Coreografia Elisa Pagani
Spettacolo per 2 danzatrici
Durata 50 minuti

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